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Dublino: i messaggi

Quella sensazione che passa in poche ore dal disagio di essere sola per un giorno in un posto sconosciuto all’entusiasmo di aver imparato a orientarmi in una città. E anche se la città in questione è un buco, averla esplorata da sola basta a farmi sentire padrona del mondo.

In preda a questa sensazione sono finita per pranzo in un ristorante vegano che su ciascun tavolo offriva un vecchio libro e una matita. Sul libro erano appiccicate delle etichette su cui scrivere quello che all’avventore passava per la testa in quel momento.

Ecco alcuni dei messaggi presenti sul libro del mio tavolo. Quello della terza foto vince, inutile dirlo.
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Dublino: i muri

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Fatti salienti #8

– Mi piace, quando mi capita di visitare una città straniera da sola anche solo per poche ore, rendermi conto della facilità con cui la gente ti rivolge la parola e di come nessuno ti guarda come se fossi un possibile attentatore (probabimente portatore di malattie) solo perché mangi al ristorante da solo.

– È bello poter uscire di casa convinte di essere eleganti e irresistibili, ed essere invece vestite da vaccone volgari e kitsch. Invidio questa libertà conquistata duramente dalle donne irlandesi a suon di minigonne giro passera, rigorosamente senza calze anche se fanno 8 gradi, e tacchi che manco le peggio mignotte degli strip club più infimi.

– Dublino è ormai una piccola Italia, e trovarsi lì a cena con varie vecchie conoscenze lavorative fa pensare alla piega che stanno prendendo le cose. Soprattutto, però, fa pensare il cameriere italiano sconosciuto a tutti che mi passa le posate sorridendo e chiamandomi per nome, con incredulità di tutto il tavolo: “Tieni, Marta”. O mi ha conosciuta in tempi antichi in cui i black out alcolici erano per me frequenti, oppure sono molto contenta di essere ripartita il giorno dopo.

– Non c’è niente come un diciannovenne olandese che gira il mondo e parla l’inglese più facilmente di quanto non lo faccia tu a 33 anni suonati per ricordarti quanto tu sia vecchia, soprattutto se ti capita di parlarci mentre stai disperatamente cercando di riacquistare un minimo di lucidità dopo aver fatto serata il giorno prima, e lui è fresco come una rosa nonostante abbia passato una nottata palesemente più impegnativa della tua.

– Dubliners, vi perdono il vostro incomprensibile e grezzo accento solo ed esclusivamente perché accettate di buon grado i millemila ristoranti vegetariani sparsi per il centro.

– Da anni sento parlare di posti magici e unici in cui sono talmente gentili e accoglienti da essere i passanti a offrirti indicazioni se ti vedono armeggiare con una cartina come una babbea. A me è successo più volte di essere quella babbea e di ricevere offerte di aiuto, e ormai comincio a pensare che non siano loro l’eccezione, ma noi. Poi c’è chi ci batte in inciviltà, manco a dirlo, ma è una bella gara.

– Ogni tanto (almeno per me) ci vuole il viaggio in cui ci si prepara per uscire insieme all’amica o alle amiche, chiuse in bagno insieme e alternandosi all’uso del lavandino e del gabinetto, in un vortice di deodorante, mascara e chiacchiere. Uomini, non capirete mai.