Archivi tag: Leonardo DiCaprio

The Wolf of Wall Street

Di: Martin Scorsese

Visto con un ritardo di: un anno

In: italiano

IMDb

Perché sì:

– Anche se spiegate a prova di cretino, faccio fatica a capire le dinamiche della finanza. Ma per fortuna qui in fondo non sono che un dettaglio e una scusa per raccontare una vita di eccessi: droghe, alcool e sesso sono i veri protagonisti. I soldi guadagnati coi magheggi finanziari sono un mero espediente per fare festa e vivere da lucidi il minor tempo possibile.

– Al buon Martin piace un sacco l’effetto “bevande che esondano dai bicchieri nel delirio generale”. Piace anche a me, per inciso.

– I dialoghi assurdi di gente il cui unico problema nella vita è capire se i nani ingaggiati per le feste dell’ufficio possano essere molestati dalle impiegate o meno rendono l’idea di quanto negli scorsi decenni ci sia stato un leggero marciume nel mondo della finanza. Qui non si punta il dito e non si fanno collegamenti con la crisi odierna, ma a ogni spettatore è data la possibilità di farlo.

Perché no:

– Questa concentrazione sugli eccessi a volte risulta un po’… eccessiva? Intelligenti giochi di parole a parte, il ritmo è ottimo e non ci si accorge quasi della durata, ma dopo che ho visto sti yuppie drogarsi, bere, scopare come ricci e fare bagordi in ufficio sull’onda dei discorsi motivazionali del capo per una, due, tre volte, direi che il concetto l’ho capito.

– Leonardo DiCaprio è e rimane un bell’ometto, ma credo che questo film mi abbia profondamente turbata, perché mi sono resa conto di ammirare più la protagonista femminile di lui. Io forse devo farmi delle domande, però voi datemi torto, dai.

– Sappiate che state per leggere uno sproloquio linguistico da vera snob so-tutto-io che probabilmente interessa a due persone al mondo oltre a me. Fatte le dovute premesse, vi pregherei di arrivare al secondo 25 del trailer qui sotto e di ascoltare il dialogo di pochi secondi che segue. Ecco. Io sono sicura che molte persone, vedendo questa scena, si siano chieste che minchia volesse dire questa parte. E ne avevano tutte le ragioni, ma qualcuno lo deve spiegare anche a chi si è occupato dell’adattamento e ha deciso, in un momento di lucida follia, di mantenere il termine inglese “fugazi” nel dialogo italiano, che quindi risulta così all’orecchio dello spettatore: “Sai che vuol dire fughesi?” “Fugasi? Sì, è falso”. Il fatto che abbiano cercato di salvare il tutto in corner con un’assonanza con “fugace” non li esime dal meritare il mio disprezzo, perché, per quanto io possa capire le difficoltà nell’adattare il dialogo, questa scelta non ha nessunissimo senso per chi guarda il film. Per la cronaca, “fugazi” non solo è una parola assolutamente sconosciuta in italiano se non come il nome di una band che ascoltavo quando avevo 18 anni, ma è pure slang e non è inclusa nei dizionari più comuni. Ora ditemi voi perché io dovrei vedere i film in italiano e sopportare queste cose quando lo posso evitare.

Django Unchained

Di: Quentin Tarantino

Visto con un ritardo di: meno di un anno!

In: inglese

IMDb

Perché sì:

– Dai, non ve lo devo certo dire io perché Tarantino va visto. A me quest’uomo fa impazzire perché ha la sua idea di cinema. Certo, attinge clamorosamente da mille altri generi e registi ma riesce sempre a farli suoi e a rendere personale e riconoscibile il suo lavoro. La violenza sfacciata al punto da diventare meno realistica e a volte poetica, l’esagerazione quasi cartoonesca degli atti eroici, la netta suddivisione in buoni e cattivi, l’ironia dove pochi altri avrebbero il coraggio di usarla, le scene curate in modo maniacale e di una bellezza mozzafiato (il sangue che spruzza sul cotone e le serve che apparecchiano la tavola, per dirne due a caso), i personaggi elaborati, credibili e comprensibili.  Insomma, a me basta guardare per raggiungere uno stato di esaltazione in cui mi capita di trovarmi in pochi altri casi.

– La musica è come sempre caratterizzata da scelte azzardate ma azzeccatissime. Qui c’è una canzone cantata da Elisa, per capirci. Sì, quell’Elisa, quella che canta molto bene ma quando la senti in un’intervista ti sembra di sentire parlare una contadina analfabeta triestina. Ecco, stiamo parlando di un film western di Tarantino con Leonardo DiCaprio e Samuel L. Jackson con una canzone di Morricone cantata in italiano da Elisa. Capite quanto è geniale quest’uomo? Lo capite?

– Anche sulla bravura degli attori di certo non posso dire niente che non sia già trito e ritrito, quindi aggiungo solo che DiCaprio coi denti marci è un tocco di classe che mi è piaciuto moltissimo.

– Ero un po’ confusa, avevo visto un paio di anni fa la versione giapponese di Django (con comparsata di Tarantino) e credevo fosse l’originale. Mi aveva fatto abbastanza ribrezzo, tra l’altro. Scopro ora che, ben prima, c’è stato un western con Franco Nero chiamato Django, anche se c’entra poco con questo. Come scopro ora che Alexandre Dumas era mulatto. Insomma, Quentin mi educa, a modo suo.

Perché no:

– Notoriamente ho dei problemi coi capelli di Jamie Foxx, di cui ho già parlato nella mia primissima scheda (mi sta scendendo una lacrimuccia, sappiatelo). Qui mi ha fatto ben sperare la capigliatura afro iniziale, peccato sia durata poco.

– A me la moglie da salvare è stata sulle palle. So che tutto il film è basato sul folle amore di Django che sfida qualunque ostacolo per ritrovarla, ma lei mi è stata sulle palle. Un po’ perché l’attrice non mi ha del tutto convinta, un po’ perché mi è sembrato un personaggio decisamente poco straordinario, sia nei ricordi di lui che nelle evoluzioni della storia, e che quindi venisse a mancare la credibilità di tutto questo fervore. Ma immagino che in realtà tutte le principesse da salvare della storia dell’umanità non fossero altro che semplici donne come tante altre, dopotutto.

– Quasi tre ore di film. Giusto perché sei Tarantino, eh, sappilo.