– Sottotitolo: come ho avuto la meglio sul cibo marocchino prima che il cibo marocchino avesse la meglio su di me.
– Ti prepari al tuo primo viaggio in un paese arabo leggendo una guida che dice di non indossare pantaloncini o canottiere, quindi nonostante le previsioni diano oltre 35 gradi metti in valigia pantaloni lunghi e magliette a maniche corte. Il fatto che le turiste americane poi girino praticamente in mutande non significa che abbiano ragione loro, ma tu le invidi tanto lo stesso.
– Cosa da tenere SEMPRE a mente quando si viaggia in Marocco: è vietato fotografare edifici governativi. Se non lo sapete o ve ne dimenticate, ve lo ricorderà con modi piuttosto bruschi un poliziotto che, a un’ora appena dal vostro atterraggio, ferma la macchina su cui viaggiate e urla incazzato roba incomprensibile contro uno dei vostri compagni di viaggio che, senza saperlo, ha scattato dal finestrino una foto al palazzo reale. Benvenuti a Marrakech.
– Una brianzola, una romana, un molisano, un campano e un laziale vanno in Marocco, e tutta la popolazione locale (ma tutta, eh) pensa che siano spagnoli. La conversazione media: “Hola amigo que tal?” “No guarda siamo italiani, non spagnoli.” “Italiano? Eeeeh bella Italia, Eros Ramazzotti, AC Milan, Berlusconi!”
– Marrakech non è esattamente Stoccolma. È come stare costantemente in mezzo a un mercato, solo che è un mercato dove ci sono anche motorini che ti sfrecciano a pochi centimetri con una frequenza preoccupante, passanti che cercano di darti indicazioni non richieste, bambini che ti pigliano per il culo (bambini, sì), venditori che ti sono addosso appena fermi lo sguardo su un loro prodotto per più di un millesimo di secondo, carretti trainati dai muli che bloccano la circolazione, e via dicendo. È stato un weekend rilassante.
– Non so se sia più fastidioso essere svegliata alle 7 di mattina dalle campane italiane che suonano a festa per 10 minuti con melodie improbabili, o alle 5.30 di mattina dal muezzin marocchino che con i tipici toni suadenti della lingua araba strilla dall’altoparlante per un quarto d’ora “Allah akbar” e molte altre cose che al momento mi sfuggono.
– Io per quattro (4) giorni non ho avuto la minima idea di dove fossi per nemmeno un minuto. Non lasciatemi mai sola nella parte vecchia di una città araba, vi prego. Probabilmente mi ritrovereste qualche anno dopo ormai completamente integrata nel quartiere, con velo e tutto il resto, perché non sono stata in grado di trovare una via d’uscita.
– Comunque Marrakech ha ben due modi di farti riprendere dal caos e dallo stress di vagare per i suoi vicoli. Uno è fermarsi ogni 100 metri a bersi un tè alla menta sulla terrazza di uno dei tanti bar, godendosi la brezza e guardando il panorama. Il secondo è chiudersi alle spalle la porta del riad, ovvero i B&B tipici locali, e non uscirne più:

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