Archivi tag: Jay Baruchel

The Interview

Di: Evan Goldberg, Seth Rogen

Visto con un ritardo di: meno di un anno!

In: inglese

IMDb

Perché sì:

– Il perché mi piacciano Seth Rogen e la sua cricca l’ho già spiegato qui. Non c’è da aspettarsi comicità sopraffina e tecnica cinematografica di alto livello, ma sono stupidi al punto giusto e a me fanno ridere (il più delle volte). Punto.

– In questo caso la sorpresa più gradita è James Franco. Non che non si sapesse che è pure lui un cretino quando vuole, ma per una volta il ruolo del vero cazzone è suo e devo dire che non delude.

– Io l’ho visto in inglese e non garantisco nulla sulla versione italiana: in questo tipo di comicità purtroppo è facilissimo che l’adattamento non renda giustizia alla versione originale. Mi auguro però che in questo caso non sia così, perché credo che certe battute e certi scambi siano davvero notevoli e, solo ed esclusivamente nel contesto di queste commedie, di alto livello.

Perché no:

– Mi piace ridere e mi piacciono i film che fanno ridere. Sono anche convinta che si possa ridere di argomenti molto seri, se trattati con intelligenza. Ecco, io in questo caso ho riso, ma di certo non si può dire che ci sia sotto molta intelligenza. E di certo sul tema della Corea del Nord ci sarebbe da dire qualcosa in più del ritratto ironico di un leader cattivone, di qualche rapido accenno alla popolazione affamata, e di qualche battuta sulla cacca. Temo che in realtà ci sia ben poco da ridere, tra l’altro. Questo non vuol dire che il tutto debba essere fermato col ricatto e le minacce, ma semplicemente che io l’ho trovato poco rispettoso e costruttivo.

NB: Avevo scritto questa bozza prima che succedesse il disastro di questi giorni, e in qualche modo ci sono dei parallelismi, direi.

– Non so se posso perdonare agli allegri compari l’assenza di Jay Baruchel. Vuoi dire che una particina non gliela si trovava proprio? Neanche una comparsata piccola piccola? Uffa.

Fanboys

Di: Kyle Newman

Visto con un ritardo di: 4 anni

In: inglese

IMDb

Perché sì:

– La storia sarà stupida, scritta in dieci minuti ad andar bene, decisamente migliorabile, e chi più ne ha più ne metta, ma la fine m’ha commossa. Non so se questa sia solo l’ennesima conferma che ho la lacrima più facile del West, ma io l’ho preso come un segno che, in un modo o nell’altro, a ‘sti minchioni di personaggi un pochino mi ero affezionata.

– Per quanto io viva immersa in un mondo di nerd e non ne disdegni parecchi tratti, non amo Star Wars. Non mi interessava molto il tema di base, quindi, né potevo immedesimarmi più di tanto, ma nonostante questo ho apprezzato la descrizione del mondo dei fan della saga. Il momento in cui sono tutti al cinema e fanno una gran festa per l’uscita del nuovo capitolo che aspettavano da anni ti fa quasi venir voglia di farne parte (me ne guardo bene, ovviamente).

Perché no:

– Come da punto n° 1, la storia è meramente buttata lì, fa ridere circa una battuta su tre e soprattutto la malattia viene palesemente usata solo per dare vita al tutto: viene a malapena nominata o inserita realisticamente nella storia. Capisco tutto, il tono del film era un altro, siamo d’accordo, ma l’unico segno che un malato terminale dà di essere malato è un colpo di tosse…

– Credo di non avere colto il 90% delle citazioni esplicite o meno dei film di George Lucas. È grave?

Facciamola finita (This is the end)

Di: Evan Goldberg, Seth Rogen

Visto con un ritardo di: meno di un anno!

In: inglese

IMDb

Perché sì:

– Io sono cresciuta in provincia, e in provincia c’è questa cosa del conoscersi un po’ tutti: se non conosci direttamente qualcuno sai chi è perché avete amici comuni, o perché veniva alla tua scuola o lo vedi sempre nello stesso pub. Ecco, questa cricca di attori mi piace perché mi dà l’idea che vivano un po’ così, da gente che ha i miliardi ma gira e rigira son sempre gli stessi quattro sfigati le cui strade si incrociano spesso. Ovviamente c’è di mezzo una strategia di marketing, ma a me piace. Quindi ho voluto dar loro fiducia, perché l’idea di vederli di nuovo tutti insieme (per di più che impersonano loro stessi e sfottono apertamente il loro stile di vita e i fallimenti della loro carriera) mi piaceva. Anche l’idea della sfilza di comparse famose con parti stupide mi piaceva. E poi c’è Jay, e io da grande sposerò Jay Baruchel.

– La fine è una delle poche cose che mi sono piaciute. Diciamo che è un’idea decisamente stupida ma inaspettata, trash e anni ’90 al punto giusto.

Perché no:

– Sarebbe stato più divertente un filmato di due ore di loro che sparano cazzate mentre si fanno le canne in salotto. Meno soldi e meno sforzo, ma più risate. Ne sono sicura.

– Non è che di solito i film di questo filone abbiano una comicità sottile e raffinata, però per quanto mi riguarda finora la volgarità non era mai stata esagerata o fastidiosa. In questo caso ho storto il naso in stile vecchia moralista scandalizzata più di una volta, purtroppo.

Cosmopolis

Di: David Cronenberg

Visto con un ritardo di: meno di un anno!

In: inglese

IMDb

Perché sì:

– A metà film grazie a dio inizia a esserci un pochino di tensione che non ti aspetti, viste le premesse. Il tutto è generato da una svolta a sorpresa, qualche attimo di azione in un universo di parole e discorsi soporiferi. Si tratta tra l’altro di una piega strana e per lo più inspiegata (anche se di supposizioni per motivarla se ne possono certo fare), e che tale rimane fino alla fine. Cronenberg è molto bravo nel riuscire a tenere viva una tensione basata su quel poco che vediamo, senza trasformare il tutto in un vero e proprio thriller ma mantenendo invece un tono piuttosto sommesso.

– L’intenzione di inquietare, di far pensare e addirittura spaventare il pubblico riguardo ai tempi e alla società in cui viviamo è lodevole. Il guscio che protegge la finanza dal mondo che sta fuori è ben rappresentato, così come il crollo di tutte le certezze del singolo individuo e della comunità intera. Nonostante questo, il film non riesce a fare presa e a mandare un messaggio che colpisca davvero.

– Turtle mi ha giustamente fatto pensare alle sprovvedute fan del protagonista di Twilight che si avventureranno nella visione di questo film solo a causa della presenza del loro attore preferito, senza sospettare minimamente che cosa le aspetta. Già questo mi fa sorridere, non senza una punta di cattiveria. Come se non bastasse, a pochi minuti dall’inizio compare Jay Baruchel, e viene data anche a me la possibilità di farmi venire un po’ gli occhi a cuore.

– Non scrivo di cosa si tratta per non spoilerare, ma io l’avevo visto subito. E mi sono gasata non poco, quando tutto viene svelato alla fine, per il fatto di averlo visto subito. Oltre che ai miei dieci decimi, però, indubbiamente qui ci sta un plauso al regista per aver giocato con quei pochi secondi in modo che allo stesso tempo possano essere notati e sembrino uguali a tutto il resto (non si capisce, lo so, ma se avete visto o vedrete il film forse sarà più chiaro).

Perché no:

– La prima parte del film è a dir poco pallosa, piena di discorsi empirici decisamente troppo trascinati e di interlocutori che non sono riuscita a inquadrare e a cui non sono riuscita a dare importanza perché fanno solo una veloce (e nonostante questo a volte interminabile) apparizione. La moglie e la guardia del corpo, che sono tra i personaggi più stabili e ricorrenti, vengono sviluppati troppo poco e con dei dialoghi alquanto innaturali, lasciando lo spettatore confuso. Mi sembra di capire da quanto leggo in rete che il regista si sia attenuto abbastanza fedelmente al libro di DeLillo, ma non credo che questa sia una giustificazione. Ci vuole davvero del fegato per andare avanti, ma per fortuna poi qualche soddisfazione arriva.

– A mio avviso anche il protagonista non è credibile. Un giovane multimilionario alla ricerca di brividi e movimento, annoiato da tutto, deluso dalla vita e dall’amore: sulla carta è perfetto, quasi scontato. Ma di fatto nella rappresentazione del finanziere, della sua vita e dei suoi problemi manca qualcosa… probabilmente un lato umano con cui empatizzare. O forse semplicemente è meglio che Pattinson si limiti a sfoderare i canini altrove.

– La denuncia della società moderna e del capitalismo, come accennato sopra, non viene fatta nel modo migliore. È probabile che riuscendo a prestare la dovuta attenzione ai lunghi discorsi tra il protagonista e i vari interlocutori si possano trovare qua e là delle nozioni molto profonde e interessanti. Ma se per trovarle è necessario lottare contro la noia e filtrare vagonate di parole inutili e pompose, personalmente preferisco lasciar perdere e cercare spunti altrove.