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We grow older, but we don’t grow wiser

Era suppergiù il 1996, eravamo dei pischelli con in testa il punk rock e poco più, e ci siamo un po’ tutti innamorati di una band californiana capitata per caso in Italia come supporto dei Green Day. Io più che altro mi ero un po’ innamorata del biondino al basso, ma siamo stati tutti adolescenti, no?

Ora sono passati quasi vent’anni e di certo non abbiamo più in testa solo il punk rock, purtroppo o per fortuna. Continua comunque a essere una delle cose che ci lega, anche grazie al fatto che il cantante della band di cui sopra, suo malgrado, è diventato un nostro regalo di nozze (storia lunga ma bellissima, vedi link, che contiene altro link in inglese – un giorno ne farò un post strappalacrime qui, promesso).

Oltre a questo, però, è anche diventato scrittore con il fetish delle foto di gente che legge i suoi libri. E quindi eccoci qui.

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Non so a chi possa interessare, ma l’intero album che ce li ha fatti conoscere si trova su YouTube. Niente panico, trattandosi di punk rock supera di poco i 30 minuti, e se proprio non vi fa schifo il genere consiglio vivamente di dedicarglieli. Per me è, molto semplicemente, un pezzo di vita.

 

Selfie riflesso senza ritorno

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Come trovarsi a pensare, durante un concerto con annessa visita culturale, che crescere con certe persone a fianco e non perderle per strada sia una cosa rara e bellissima.

Fatti salienti #8

– Mi piace, quando mi capita di visitare una città straniera da sola anche solo per poche ore, rendermi conto della facilità con cui la gente ti rivolge la parola e di come nessuno ti guarda come se fossi un possibile attentatore (probabimente portatore di malattie) solo perché mangi al ristorante da solo.

– È bello poter uscire di casa convinte di essere eleganti e irresistibili, ed essere invece vestite da vaccone volgari e kitsch. Invidio questa libertà conquistata duramente dalle donne irlandesi a suon di minigonne giro passera, rigorosamente senza calze anche se fanno 8 gradi, e tacchi che manco le peggio mignotte degli strip club più infimi.

– Dublino è ormai una piccola Italia, e trovarsi lì a cena con varie vecchie conoscenze lavorative fa pensare alla piega che stanno prendendo le cose. Soprattutto, però, fa pensare il cameriere italiano sconosciuto a tutti che mi passa le posate sorridendo e chiamandomi per nome, con incredulità di tutto il tavolo: “Tieni, Marta”. O mi ha conosciuta in tempi antichi in cui i black out alcolici erano per me frequenti, oppure sono molto contenta di essere ripartita il giorno dopo.

– Non c’è niente come un diciannovenne olandese che gira il mondo e parla l’inglese più facilmente di quanto non lo faccia tu a 33 anni suonati per ricordarti quanto tu sia vecchia, soprattutto se ti capita di parlarci mentre stai disperatamente cercando di riacquistare un minimo di lucidità dopo aver fatto serata il giorno prima, e lui è fresco come una rosa nonostante abbia passato una nottata palesemente più impegnativa della tua.

– Dubliners, vi perdono il vostro incomprensibile e grezzo accento solo ed esclusivamente perché accettate di buon grado i millemila ristoranti vegetariani sparsi per il centro.

– Da anni sento parlare di posti magici e unici in cui sono talmente gentili e accoglienti da essere i passanti a offrirti indicazioni se ti vedono armeggiare con una cartina come una babbea. A me è successo più volte di essere quella babbea e di ricevere offerte di aiuto, e ormai comincio a pensare che non siano loro l’eccezione, ma noi. Poi c’è chi ci batte in inciviltà, manco a dirlo, ma è una bella gara.

– Ogni tanto (almeno per me) ci vuole il viaggio in cui ci si prepara per uscire insieme all’amica o alle amiche, chiuse in bagno insieme e alternandosi all’uso del lavandino e del gabinetto, in un vortice di deodorante, mascara e chiacchiere. Uomini, non capirete mai.

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Quasi tutta gente che ancora frequento, eh

Mi sto preparando a traslocare, quindi mi ritrovo a frugare tra cose vecchie e dimenticate. Come le struggenti lettere che mi mandavano gli amici quando ho fatto qualche mese a Londra nel ’99.

Popper

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Tre more e una bionda…

… la rossa c’è ma non si vede.

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Buon Natale a tutti

Gesù ci proteggerà.

Lo so, lo so, il lanternino, la calamita, blablabla…

Amico Che Non Sentivo Da Un Po’: “Come stai?”
Io: “Sto bene… ho il sorriso stampato in questo periodo.”
ACNSDUP: “E chi è il fortunato? Questo è normale oppure è già impegnato/indeciso/pirla di suo/ex galeotto?”

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September wedding #2: Torino vs. California

Tagline: prima di mettersi il tacco 12, informarsi sul tipo di terreno che si dovrà affrontare.

Le amiche te le scegli o te le ritrovi? Ah, te le scegli? Ah, ecco.

Chi non si è mai ritrovato a un ricevimento di matrimonio in un rifugio, che si conclude con un temporale che impedisce di partire alla funicolare che ti deve riportare a valle? Eravamo già lì a discutere se rinchiuderci isolati dal mondo alla “Dieci piccoli indiani” o passeggiare nel bosco in stile “Blair Witch Project”, ma senza la torcia. Si prospettava una nottata interessante, in entrambi i casi.

Meno male che invece i montanari sono abituati a portare in salvo la gente in jeep giù per i sentieri. Al buio. Sotto la pioggia. Senza uno straccio di cintura di sicurezza. Mentre noi ce la ridiamo come galline (nell’attesa di tirar dritti a una curva o ribaltarci alla buca successiva, mica per altro).

UPDATE: mi fanno notare che quel vagone di alluminio appeso a dei cavi non è una funicolare ma una FUNIVIA. Ops.

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September wedding #1: Brianza vs. Scotland